venerdì 2 dicembre 2011

Lettera

Giorno 26 novembre: per la prima volta, e spontaneamente, ho partecipato alla raccolta alimentare c/o uno degli ipermercati della città di Parma.

Quel giorno oltre a me erano presenti altri detenuti ed insieme abbiamo cercato,senza che nessuno ce lo imponesse, di renderci utili alla comunità, a quelle persone che avrebbero ricevuto quanto gratuitamente donato da chi, anche col solo acquisto di un paio di prodotti di prima necessità, dava, quel giorno, il proprio contributo.

Fortunatamente il clima ci ha assistito, era una bella giornata di sole e fuori dal supermercato ognuno di noi “lavorava” felice di farlo perché, questo è il mio pensiero, riuscivamo, riuscivo a rendermi utile! Questo è il principio che quel giorno vedevo primeggiare: l’utilità! Tale principio mi ha accomunato agli altri amici e conoscenti. Per esperienza posso affermare che un detenuto, quando diventa tale, quando varca la soglia del carcere sa di entrare e di far parte di “un altro mondo”, all’interno del quale viene privato di tutto: spazi, tempi, libertà di espressione e per i più sfortunati spesso anche la libertà di pensiero. L’omologazione è totale: figurarsi se è possibile provare la bella sensazione di essere utili….

Il lavoro fisico non è stato dei più pesanti, almeno per chi come me partecipava per la prima volta, ma oltre all’utilità (di cui ho prima accennato) vedevo chiaro il rapporto di fratellanza che accomunava un detenuto ad un altro, ciascuno con una vita ed un trascorso diverso, liberi di guardarsi negli occhi e decidere se andare d’accordo, in sintonia con la grande catena umana che quel giorno ci avvolgeva. Finalmente una catena diversa e voluta….!

Con alcuni detenuti presenti alla raccolta alimentare era la prima volta che mi vedevo, ma noi tutti proveniamo da un mondo comune (diverso da quello in cui siamo stati insieme quelle 8/12 ore) in cui, nostro malgrado, ci è stato insegnato di non esternare: contentezza, gioia, o permetterci il lusso di un abbraccio come accade tra amici. E’ bastato guardarsi negli occhi e con una fiera e robusta stretta di mano ci siamo detti: ci siamo anche noi in questo mondo e siamo fieri e felici di dare una mano a chi ha bisogno. Abbiamo dato un senso profondo alle ore di libertà che vivevamo. Eventi del genere fanno sì che persone viventi, censite a livello nazionale, ma contemporaneamente esclusi ed emarginati dalle stesse istituzioni, riescono a tornare a sentirsi vivi, fieri di essersi resi utili nel principio della fratellanza.

Parma 02.12.11

Vincenzo.

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